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Teresio Olivelli, ribelle per amore

“Ribelli: così ci chiamano, così siamo, così ci vogliamo. Il loro disprezzo è la nostra esaltazione. Il loro 'onorato' servaggio alla legalità straniera fermenta l'aspro sapore della nostra libertà. La loro sospettosa complice viltà conforta la nostra fortezza. Siamo dei ribelli: la nostra è anzitutto una rivolta morale.”

Queste parole sono tratte da un articolo di Teresio Olivelli, Medaglia d’oro al valore militare e Venerabile, apparso nel marzo 1944 su “Il Ribelle”, il giornale clandestino delle Brigate Fiamme Verdi, formazioni partigiane di orientamento cattolico.

Il Ribelle

Nato a Bellagio il 7 gennaio 1916, Teresio Olivelli fu costretto, per problemi economici, a frequenti spostamenti in Lombardia, insieme alla famiglia. Riuscì comunque a mantenere un forte legame con don Rocco Invernizzi, parroco di Tremezzo, suo zio materno e punto di riferimento spirituale e morale. Compì i suoi studi a Mortara, a Vigevano e a Pavia, dove conseguì la laurea in giurisprudenza. In questi anni fu membro dell’Azione Cattolica, della FUCI (Federazione universitaria cattolica italiana) e del GUF (Gruppo universitario fascista).

La Famiglia di Teresio Olivelli

Olivelli aveva aderito in modo critico al fascismo, convinto di poterlo riformare attraverso il messaggio cristiano. In seguito alle leggi razziali e all’invasione della Francia, iniziò a distaccarsi dal regime. Desideroso di portare aiuto e conforto ai soldati destinati al fronte russo, rifiutò l’esonero che gli era stato concesso e si arruolò.

Tornato dalla rovinosa campagna di Russia, non volendo giurare fedeltà alla Repubblica di Salò, fu deportato in Austria. Riuscì a fuggire e si stabilì a Milano, dove si impegnò nella diffusione degli ideali cattolici della resistenza e dove fondò, insieme a Carlo Bianchi e a Claudio Sartori, “Il Ribelle”. In questo periodo Olivelli scrisse la famosa “Preghiera del ribelle”.

Arrestato insieme a Bianchi il 27 aprile del 1944, dopo essere stato torturato a San Vittore e aver tentato la fuga dal campo di Fossoli, fu trasferito a Bolzano-Gries ed in seguito a Flossenburg. In quei mesi cercò di alleviare le sofferenze dei suoi compagni di prigionia, curando le loro ferite, dividendo con loro la sua razione di cibo e sostenendoli attraverso la preghiera. In settembre, fedele fino in fondo all’ideale cristiano, scelse di seguire i prigionieri italiani destinati al campo di eliminazione di Hersbruck. Lì morì, a soli 29 anni, nel tentativo di difendere un compagno di prigionia dalle percosse di un kapò.

Il messaggio di Teresio Olivelli resta però indelebile:

“lottiamo giorno per giorno perché sappiamo che la libertà non può essere largita dagli altri. Non vi sono ‘liberatori’. Solo, uomini che si liberano. Lottiamo per una più vasta e fraterna solidarietà degli spiriti e del lavoro, nei popoli, e fra i popoli, anche quando le scadenze paiono lontane e i meno tenaci si afflosciano: a denti stretti anche se il successo immediato non conforta il teatro degli uomini, perché siano consapevoli che la vitalità d’Italia risiede nella nostra costanza, nella nostra volontà di risurrezione, di combattimento, nel nostro amore”


Sabato 15 ottobre 2016, il Ministero dello Sviluppo Economico, aderendo ad una richiesta formulata dal Comune di Tremezzina, emetterà un francobollo commemorativo di Teresio Olivelli, nel centenario della nascita.

Teresio Olivelli - Tremezzina

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