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Il Tremezzino e il Turista

Come vivono i Tremezzini la stagione turistica

È arrivato il disgelo, le serrande dei ristoranti si alzano, i parcheggi si riempiono di auto dalle targhe colorate e le panchine del lungolago cominciano ad affollarsi.
È il momento di uscire dal letargo, stiracchiarsi per bene: inizia la stagione turistica.

Il lago conosce le quattro stagioni della natura: estate, autunno, inverno e primavera e due altre scansioni temporali: una “stagione viva” ed una in cui tutto tace, sospesa in un lento divenire scandito dalla calma della quotidianità del luogo. E poi eccoli, i turisti, con i loro cappellini beige e le guide del lago di Como in mano. Ecco i pullman davanti agli alberghi, i battelli carichi di gruppi e la strada statale con lunghi incolonnamenti.
Il turista accende l’interruttore, illumina una parte di Tremezzina che prima sostava con le quattro frecce, in attesa.

Ma come vive la gente del posto questo momento di transizione? Come appare Lui, il visitatore, agli occhi di un Laghèe?

Bisogna chiarire che per ‘turista’, in questa sede, si intende chiunque arrivi in Tremezzina per soggiornarvi, scoprire, conoscere e fotografare. C’è turismo e turismo: il visitatore milanese della domenica, i gruppi di vacanza organizzati, la famiglie che pernottano negli appartamenti in affitto, personaggi illustri come attori o calciatori, imprenditori russi o cinesi che prenotano lussuose suite d’albergo… Un mix eterogeneo di nazionalità che non stona, un accostamento di tonalità che va a fondersi con quelle del lago.

“Le contrade del Lario offrono innumerevoli oggetti degni d’attenzione, ma omai giacciono al quanto discosti dal cerchio delle nostre peregrinazioni. Quivi, in traccia di delizie autunnali, eleganti signore, e graziosi fanciulli formicolano in ogni paese, rendendo oltremodo vivaci le fortunate sponde. Ma fino a bordo delle affollate vaporiere, in seno a così lieta scena, a quell’ire e redire, a quel mescersi di genti che spira giovialità e amicizia, ecco luccicar bajonette straniere che, più numerose de’ naviganti, ivi ha posto il sospetto austriaco. L’effusione del cuore è ad un tratto sospesa, travolto il pensiero, spezzata la parola sul labro. « Oh voi d’ignota patria, madri non avete, spose e figli, non avete terre e armenti? A che qui venite a far pompa di abborriti colori?… Addio lidi incantati, suntuosi palagi, aure profumate, boschetti di magnolie. Ah più belle son le rupi dei miei monti, più cari gli alpestri miei villaggi, ove la parola non ha catene e imperturbato eccheggia dal colle al piano l’inno della libertà! »”

Luigi Lavizzari (1814-1875), Escursioni nel cantone Ticino, Lugano, 1859-1863 TRAMEZZO E BELLAGGIO (18 giugno 1850).

“Due dimensioni distinte” – così uno dei tanti tremezzini intervistati definisce questo cambiamento di ‘stagione’ – “Ti accorgi che i turisti cominciano ad arrivare quando la tua quotidianità, consapevolmente o no, cambia: più gente al supermercato, non si trova parcheggio, aprono tutte le attività, ci metti il doppio del tempo a compiere un tragitto in macchina…”.
La Tremezzina cambia volto, per alcuni “si rianima”, per gli amanti della tranquillità diventa più “caotica” e i più giovani esclamano: “finalmente c’è qualcosa da fare!”.
Il turismo è ricchezza: dà la possibilità di distaccarsi, di adottare un punto di vista differente anche alla gente del luogo. “Apprezzo di più il mio territorio quando vedo i visitatori che lo osservano con uno sguardo meravigliato, noto particolari che spesso si danno per scontati quando questi li fotografano” – ci racconta Carlo.

“Non ho mai saputo amare veramente questo lago, forse addirittura troppo bello e scintillante, e che troppo volentieri si prodiga per esibire la propria ricchezza, mancandogli invece la cosa più bella che un lago possa avere: una sponda dolce e ampia. I monti si ergono con aria inquietante e scendono giù spietatamente, in alto selvaggi e brulli, in basso sovraccarichi di paesi, giardini, residenze estive e locande: tutto qui è rigoglioso, è una realtà di vivido splendore, è tutto uno squillare e scintillare di magnificenza e opulenza; non è rimasto un solo angolo per il sogno e l’immaginazione, non una palude coperta di canne o un pascolo addormentato, non un umido prato rivierasco o una seducente macchia di vegetazione selvaggia.
Tuttavia anche questa volta l’intensa bellezza esercitò la sua potente attrazione su di me con il romanticismo rupestre di borghi erti, la fierezza rigorosa delle ville aristocratiche con giardini, parchi e porticcioli, l’amena coesistenza di terreni e costruzioni.”

Hermann Hesse (1877-1962), Vedere l’Italia, Parma, 1989

Il turista permette di adottare un’ottica estranea, distaccata, di notare bellezze ma anche limiti e problematiche.
“Molti turisti sono in difficoltà a…”, “I gruppi di visitatori non possono…”, “I camperisti non sanno dove sostare…”. Grazie alle piccole denunce che emergono da questi sguardi ‘stranieri’ la Tremezzina può solo migliorare.
Il turismo è una ricchezza, non solo economica. È energia che si insinua nei luoghi, attività che permette al lago di Como di essere una delle mete più ambite in tutto il mondo. Arrivano dall’America, dall’Australia o dal Giappone per poter visitare i borghi di Tremezzina, navigare sulle sue acque e cenare nei suoi ristoranti. “Tutti vogliono assaggiare il misultin con la polenta”, ci dice un cuoco del posto.
E poi ci sono le ville: colpevoli di trascinare i turisti in atmosfere fiabesche, alimentare in questi il desiderio di osservare il lago dalle loro finestre e camminare nei loro parchi da sogno. “Fare il giardiniere qui significa avere a cuore ogni singola pianta, mette amore e passione in ogni lavoro” – “Sono una guida da molti anni. Ogni giorno apprezzo sempre di più quel che racconto ai tanti visitatori. Non si finisce mai di scoprire la Tremezzina“.

“Finalmente abbiamo scorto la deliziosa spiaggia della “Tramezzina” e le sue incantevoli vallette che, difese dal nord da un’alta montagna, godono del clima di Roma; i freddolosi di Milano vengono a passarvi l’inverno: i palazzi si moltiplicano sulla verzura delle colline e si rispecchiano nelle acque. È troppo dire palazzi, ed è troppo poco chiamarli case di campagna. È una maniera di costruire elegante, pittoresca e voluttuosa.”

Stendhal (1783-1842), Villa Melzi sul lago di Como, il 18 luglio 1817

Turisti e Tremezzini, gente di passaggio e gente che resta. Fiori maturi e radici profonde. Sguardi paralleli e differenti. Apprezzamento e amore profondo.
“Non c’è nulla di più solido che l’orgoglio tremezzino” – ci hanno detto questa mattina due pensionati al bar. E noi ci crediamo.

È ora del disgelo cari laghèe, siete pronti?
Sono diverse le posizioni nei confronti del turismo sul Lario, come differenti sono le tipologie di visitatori ma una cosa è certa: l’interruttore è su on, è ora di partire.

Augurando una buona stagione a tutti i tremezzini, anche a chi “mette il broncio” in questo periodo, riporto:

“In una strana terra
Queste cose, per quanto futili, toccano il cuore,
E attraverso il cuore la mente, dissipando
I pensieri che nascono a casa,
E sostituendoli con tanta serenità.
Per lo meno questo ho riscontrato, una sera,
Quando, attraversando la baia di Tremezzo
Alla volta di casa, una piccola barca con remi e vela
Si avvicinò, e mi salutò come un viaggiatore inglese,
Invitandomi a seguirla, e io prontamente
Virai e la seguii, e subito approdai
Dove scale di marmo pregiato incontravano le onde,
Dove, attraverso pergolati e corridoi, una dolce musica
Si propagava, come dal palazzo di Armida, incantando i boschi e le acque,
E attraverso un padiglione luminoso come il giorno,
Figure simili a lei volteggiavano, perse tra
Quelle di vecchi, la cui bellezza è ormai svanita,
Come quelle che adornano i trionfi e de feste
Dipinte dal Calíari,dove il mondo danzava
Sotto il cielo stellato, mentre io guardavo,
Ascoltando il Monti, bevendo gramolata,
E leggendo, negli occhi che brillavano intorno,
Le mille avventure d’amore che vi erano scritte.
Mai potrò dimenticare una tale scena,
Così stregata.”

Thomas Roscoe (1791-1871), The tourist in Italy, Londra, 1830-34

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