Alla fine del paese di Sala Comacina, sul tracciato di quella che fu l’antica Strada Regina, poco visibile dalla strada, ma bene dal lago nella sua privilegiata posizione prospiciente all’Isola Comacina, sorge Villa Rachele, al centro di un parco ottocentesco dominato da un maestoso cedro del Libano che si eleva in tutta la sua imponenza e da dodici platani.
La villa, costituita da un corpo unico di fabbricato, ha caratteri dei primi anni dell’Ottocento, come attestano la sua struttura e le decorazioni degli ambienti. La facciata è a tre piani con tre aperture; al pianterreno si apre una gran terrazza semicircolare affacciata alle acque; da un lato c’è l’imbarcadero. Poco oltre sorgono la casa del guardiano, a fianco del torrente Premonte cavalcato da un vecchio ponte romano, e la darsena.
La villa, appartenuta a Giulio Beccaria (e quindi inizialmente chiamata “Villa Beccaria”), figlio del più celebre Cesare, autore de Dei delitti e delle pene, fu a lungo frequentata da letterati e uomini di cultura; anche Alessandro Manzoni, nipote di Giulio, fu spesso ospite.
Giunta in proprietà a Rachele, figlia dello storico, letterato e patriota Cesare Cantù (1804-1895), fu chiamata “Villa Rachele” e divenne sede di un salotto letterario che prese il nome di Accademia dei pedanti, frequentato da scrittori, critici e artisti, che d’estate si riunivano in una grotta artificiale costruita all’interno del parco.
Anche con il successivo proprietario, lo scrittore Emilio De Marchi (1851-1909), la villa non cessò di essere luogo letterario; fu infatti fonte d’ispirazione per le ambientazioni del romanzo Col fuoco non si scherza (1901).
Il piccolo promontorio su cui sorge la villa era chiamato in origine, con termine dialettale, “la Puncia“, perché sporge nel lago, termine con cui è anche chiamata la villa.
Un primo corpo di edificio è stato costruito nella metà del Settecento, ma la villa come è attualmente, fu rimaneggiata e ultimata al principio dell’Ottocento.